domenica 28 febbraio 2010

Sui trentenni desaparecidi e disfattisti

Caro Giuseppe,
condivido in pieno l'indignazione di Natale Zappalà, che conosco solo in maniera epidermica, ma ammetto di leggere molto volentieri nei vari blog, che mi capita di spulciare. Intravedo nel suo approccio speculativo, un pensiero intellettualmente onesto e una verve compulsiva fuori dal comune. Nella sua invettiva si percepisce lo sdegno verso i vacui pour parler dell'intellighentia della "presunta meglio gioventù" della ex ridente cittadina del basso Tirreno.
Agli strali di chi urla dagli angoli delle piazze, o dalle bacheche dei social network, qualunquistici claim pretestuosi e diserta con regolarità sistematica qualsiasi occasione per invertire la tendenza, per non mettersi in mai discussione e avere sempre ragione a prescindere, semplicemente per timore di esporsi nel combattere la stagnante e afasica indolenza generazionale, bisogna rispondere a muso duro, a costo di sembrare presuntusosi.
Per inciso, non guasterebbe un censimento della popolazione universitaria locale, intercettata dagli Atenei di Calabria e Sicilia. Certo andrebbe esaminato attentamente anche il contesto territoriale, con la normalizzazione delle sue degenerazioni malavitose, la politica sterilizzata dei clientes e la cronica e irredimibile mancanza di lavoro, che impoverisce ulteriormente il tessuto socio-economico territoriale. Ma non è questo il tema della discussione. Sono saltate diverse generazioni a Bagnara. Al netto di prudenze linguistiche, i miei pochi coetanei si arrabattano, cercando di resistere all'ineluttabile destino migratorio, tipico della nostra Generazione Tuareg. Mi piace pensare al coraggio di chi resta a "Eboli", a dispetto dei Santi. Immagino ancora l'enorme capitale umano insistente in riva allo Stretto, come animato da una sorta di missione di riscatto, all'insegna di quel motto, mutuato dalle lotte dell'antimafia sociale nella Piana degli anni Settanta, che, un prete coraggoso, don Pino Demasi ama ripetere stesso: "Restare per cambiare, cambiare per restare". Le risorse umane e di qualità, quelli che non si sentono fatalisticamente sconfitti dalla storia, hanno l'obbligo morale, in virtù degli studi e delle letture, di innescare un circuito di crescita socio-politico-economico-culturale, non in quanto portatori di una supponenza intellettualistica o di eroismo di ceto, né pensando di essere gli illuminati, unici depositari dello scibile.
Per non rimanere nelle secche di una disquisizione, peraltro confusa e paludosa, bisognerebbe uscire dalla perniciosa e lamentosa rassegnazione. Si potrebbe lanciare ad esempio un ragionamento partecipativo web 2.0 (per allargare la questione ai "62 internettiani", alla moltitudine web e degli emigranti). Naturalmente, in quanto tale, il monito è destinato a rimanere lettera morta. Costruiamo una rete di idee, ragionamenti, proposte. Raccogliamo - enuncio banalmente - le migliori ambizioni, organizziamole anche in forma elementare e con slogan banali (Il paese che vorrei in dieci punti, quale comunità...), suddividiamole, focalizzando obiettivi e fattibilità, ognuno secondo le proprie competenze. Sistematizziamole in una sorta di manifesto dei volenterosi. Ne verrà fuori un libro dei sogni, che associazioni, partiti politici, organizzazioni potranno abbracciare o ignorare. Sarà una testimonianza vitale di impegno collettivo, di un pressing da parte della società responsabile.
Riporto infine un passo di un saggio breve, che ho avuto modo di leggere ultimamente. Si chiama La scossa, un libello sulla questione meridionale declinata in chiave moderna, pubblicato da Francesco Delzìo, una delle menti più raffinate dei trentenni italiani (almeno così si legge nella quarta di copertina). Sostituendo alla parola Sud e Mezzogiorno il termine "Bagnara", l'appello credo possa fare al caso nostro: "Torniamo a pensare a Bagnara...Chi non può tornare...può fare ugualmente qualcosa. Includa Bagnara nei suoi orizzonti d'azione, o semplicemente di riflessione. Riprendiamoci Bagnara, è la missione della Generazione Tuareg, che le generazioni precedenti hanno clamorosamente fallito". A Bagnara serve disperatamente una scossa (tellurica, sul modello del Big One?), non fermatevi. Sarebbe confortante se a darla foste proprio voi, gli Amici della cultura. Affettuosi saluti.
Un assente giustificato
Claudio Careri

sabato 27 febbraio 2010

Il nostro nervo scoperto

Giuseppe, non ti sembra che Natalino abbia esagerato? Quella lettera che hai pubblicato sa di ributtante arrogante megalomania...

Lettera firmata.

Rispondo.

Dire le cose chiare qui può essere inteso - come tu scrivi - megalomania, arroganza. Anzitutto il fatto che Natalino scriva di se stesso, della propria conferenza, non conta. E' costume qui boicottare e remar contro. O no? Dovrebbe star zitto solo perchè c'è lui di mezzo? Noi tutti ieri abbiamo commentato... che paese di c... ...fai una cosa e non viene nessuno. Allora? Solo perchè l'abbiamo fatta noi saremmo megalomani?

La sua critica è poi rivolta - è questo è il nervo scoperto, e lo sai bene - a quanti parlano parlano e poi non fanno un passo avanti, adducendo i motivi più futili: non c'ero, avevo da fare o, addirittura, chi cazzu at'affari, chiu è pisanti, non è cazzu u soi... Quante volte le abbiamo sentite 'ste cose in occasioni analoghe? Per giustificare la propria non-adesione (a causa di cose che mi sfuggono) ad iniziative comunque, e ti sottolineo comunque, utili. Scrive Natalino: Dov'erano i miei coetanei, non i liceali, ma i quasi-trentenni che spesso si riempiono la bocca di ideali e principi e si trastullano nelle facili frasi fatte - “produrre cultura”, “rifondare la nostra cittadina”, “qui non si fa mai nulla”?

E così Bagnara continua rotolare. Non crediamo di essere noi a farle invertire la rotta. Nessuno ritiene d'essere il salvatore della ...patria, nè intende porsi al di là degli altri, nè - ancora - vuole riconoscimenti di alcun tipo. Come ha di recente scritto Gianni Golotta, si tenta solo di concorrere a vivacizzare (senza spari o altri sinistri rumori) la vita della nostra cittadina. Partiamo dalla considerazione che essendo ormai quasi obbligati a vivere a Bagnara tanto vale farlo cercando di soffrire il meno possibile. E quello che abbiamo in mente e che vogliamo proporvi ci sembra un modo non del tutto originale (altri nel passato l'hanno fatto con alterne fortune) ma senz'altro interessante per farlo con la speranza di avere in cambio una certa quale gratificazione.

giovedì 25 febbraio 2010

Un invito e un appello

Scritto da Gianni Golotta (anche per mio conto)

Vi invitiamo per venerdì pomeriggio prossimo al G.H. Vittoria per l'incontro-dibattito sul tema "Itinerario storico del territorio reggino in età antica", a cura di Natale Zappalà.
Vero è che l'argomento oggetto dell'incontro può generare, per com'è formulato, panico in chi si vede proporre la partecipazione e tuttavia, pensiamo che valga la pena comunque di tentare di convincervi a vincere una comprensibile riottosità dicendovi che, comunque, l'incontro è l'occasione per consentirci di lanciare un'iniziativa (la creazione di un'aggregazione, associazione, fondazione o altro) utile per concorrere a vivacizzare (senza spari o altri sinistri rumori) la vita della nostra cittadina.
Partiamo dalla considerazione che essendo ormai quasi obbligati a vivere a Bagnara tanto vale farlo cercando di soffrire il meno possibile.
E quello che abbiamo in mente e che vogliamo proporvi ci sembra un modo non del tutto originale (altri nel passato l'hanno fatto con alterne fortune) ma senz'altro interessante per farlo con la speranza di avere in cambio una certa quale gratificazione.

venerdì 19 febbraio 2010

Su preti e pastori

Da Tito Puntillo ricevo e pubblico

Rispondo velocemente allo scritto dell'ottimo Davide.
A volte capita di confondere il senso del dovere con la superiorità rispetto al dovere. Questo accade in modo particolare verso le figure di tipo carismatico, come appunto chi indossa abiti talari, toghe, divise ecc. Inoltre: ciò che a qualcheduno può apparire straordinario, a qualche altro può apparire sufficiente/normale. Dipende dall'intensità di quello che ci si attende di ricevere rispetto alla sensibilità dello stesso ricevente.
In quest'ultimo caso: come si fa a determinare se l'erogato è superiore alla media o è sufficiente o insufficiente? Dal tasso di gradimento generale rispetto a quello dei singoli.
Tutto ciò premesso: per me il prete di Bagnara è un religioso che compie il proprio dovere di prete, mentre l'Abate Cassone era un Pastore perché verso di lui si svolgeva l'amore e la fiducia spirituale della Comunità che con lui entrava sempre IN COMUNIONE.
Naturalmente e come sempre e come scritto in esordio, tutto dipende dal tasso di spiritualità che ci si attende di ricevere (in questo caso dal prete), rispetto all'intensità del sentimento religioso che ognuno di noi prova.

Nel caso del prete di Bagnara, per me, cioè riguardo al mio fortissimo sentimento religioso, l'opera che egli svolge è appena sufficiente.

martedì 16 febbraio 2010

Il buon pastore

Da Davide Puntillo ricevo e pubblico
“Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”. (Gv, 10, 14)
I miei tempi felici…
Monsignor Cassone era un santo in Terra, e ora sarà certamente in Paradiso. Ricordo la mia prima confessione con lui, la prima comunione, la sua dolcezza, il suo carisma.
Don Beniamino è stato una meteora, ma ha lasciato qualcosa in molti di noi, un segno indelebile, forte.
Io ricordo anche Don Gianni, che nessuno quasi nomina più, a parte la commemorazione avvenuta questa estate, e le vere e proprie opere d’arte con cui aveva abbellito la sua chiesa sono state rimosse non appena se n’era andato dalla sua Sede.
(Nulla posso dire dell’Abate Gioffrè perché non ero ancora nato quando lui lasciò l’Abbazia, anche se i pareri su di lui che mi è capitato di sentire non sono univoci.).
Ma veniamo al motivo per cui mi sono deciso a scrivere queste righe: Don Sarino. E la frase che su di lui è stata scritta: “Tutto è tranne che pastore”.
Di sicuro Don Sarino non sarà “il” buon pastore. Di quello ce n’è uno solo.
Si può discutere se sia stato o se sia “un” buon pastore.
Io ritengo che egli - che ormai considero il mio padre spirituale – per me sia stato un buon pastore, negli anni della mia adolescenza, della mia giovinezza, e perfino adesso che sono lontano da Bagnara. Questa è la mia modesta opinione. Almeno se con questo si intende uno che ti guida, che ti ascolta, che ti conosce veramente.
Quando ho avuto bisogno di un consiglio, di una parola di conforto – o anche di dirgli che non ero d’accordo – ho trovato una persona che mi ascoltava e poi mi parlava.
Naturalmente ciascuno è libero di pensarla come crede, e anche di discuterne pubblicamente giacché l’Abate di Bagnara è un personaggio pubblico e ben venga se alcuni temi vengono discussi apertamente.
Però vi prego: dire che “tutto è tranne che pastore” no!
Davide Puntillo

lunedì 15 febbraio 2010

venerdì 12 febbraio 2010

Sicurezza

Noto con piacere che comincia a porsi il problema della sicurezza a Bagnara. Non è una alzata di scudi della Città, ma solo qualche voce, che comunque inizia a sentirsi. Leggo così che si propone l'adozione delle telecamere per il controllo del territorio. Mi permetto di sollevare qualche perplessità. Penserei piuttosto al potenziamento della stazione locale dei Carabinieri. Se non ricordo male, tornando al lontano periodo del mio impegno in Comune nell'amministrazione guidata dall'allora sindaco prof. Dato, quando fu concesso agli stessi Carabinieri il sito dell'ex carcere per costruirvi una nuova caserma, ci fu la promessa di un loro maggiore impegno (in uomini e mezzi) a Bagnara. Forse è giunto il momento di sollecitarlo.

giovedì 11 febbraio 2010

Cara Silvana

Da Pino Gioffrè ricevo e pubblico

Cara Silvana, ho deciso di commentare la tua lettera, anche se molto brevemente, principalmente per dire che non Ti devi preoccupare sull'eventualità che le tue dimissioni possano fomentare sfiducia nella politica attuale, in quanto credo che (parlo per me, ma penso di non essere il solo) la fiducia e la stima nella politica e nei sui rappresentanti, sia locale che nazionale, l'abbiamo persa da molto tempo.

A livello nazionale non riesco a seguire (e comprendere) nè la politica del governo e neanche le posizioni dell'opposizione. Se a questo aggiungiamo i continui scandali, veri o falsi, sia morali che sociali, dei nostri rappresentanti, si può ben comprendere come la gente comune, con un minimo di senso sociale, possa dare fiducia alla politica ed ai suoi rappresentanti.

A livello locale ti posso dire che ormai è da tanto tempo che guardo con aria distaccata l'evolversi degli eventi e le poche volte che ho assistito ad un Consiglio Comunale non solo non mi sentivo minimamente rappresentato, ma faticavo ad individuare personaggi che si sforzano ad operare per il bene comune. Meglio non andare avanti con i commenti!

Credo che la mancanza di note alle tue dimissioni non deriva dal fatto che la gente non ha una propria opinione, ma esclusivamente dall'amara constatazione che ormai non ne frega niente a nessuno, siamo tutti sfiduciati e crediamo (ognuno per proprio conto) di essere soli e che "una noce in un sacco non fà rumore"! Ritengo comunque che la "caduta libera" in atto prima o poi debba finire, e mi auguro che in qualche modo si possa trovare il sistema per avviare un'inversione di tendenza.

lunedì 8 febbraio 2010

Un segnale!

Un certo spirito di libertà ci induce a proporre una riflessione (ma come, un'altra?) sugli spazi di libertà e sulla qualità della vita qui da noi. Questo perchè avvertiamo una sorta di caduta libera di questa Città e di questa Comunità e vi assistiamo impotenti, come impotenti appaiono - spero di essere smentito dai fatti - le istituzioni preposte. Il susseguirsi di atti criminali ne è il segno più evidente. Servirebbe un segnale. Allora torno al motivo caro della partecipazione. Anche se ormai son convinto che le parole ...soffiano nel vento.

sabato 6 febbraio 2010

A proposito di dimissioni

Da Mimmo Lopresto ricevo e pubblico

Le dimissioni di Silvana Ruggiero da consigliere comunale, così come sono state motivate, sono un atto di accusa alla politica locale. E’ stato sollevato il dubbio se e quanto questo evento avesse sfiorato la sensibilità dei politici del nostro paese. Il fatto avrà sicuramente suscitato l’interesse non solo degli addetti ai lavori, ma un dato sembra certo: non si riscontrano forti dichiarazioni pubbliche sull’argomento, in particolare sull’idea della politica rappresentata nella sua lettera di dimissioni. Ciò ha dato la sensazione che l’episodio, sebbene importante, sia stato in poco tempo archiviato.

Quali riflessioni possono farsi? Queste dimissioni sembrano determinate da una condizione di insofferenza e di disagio rispetto a un quadro generale ritenuto non condivisibile, antitetico al proprio senso di appartenenza a valori e ideali, e, in questa circostanza, anche uno strumento per comunicare in modo clamoroso e più efficace con l’opinione pubblica. Esse non dovevano passare inosservate, meritano rispetto umano e politico. In primo luogo perchè ampiamente motivate (diverso è il problema se condividerne o meno le ragioni). In secondo luogo, perché immagino siano maturate a seguito di una riflessione vera e appassionata. Infine, perché l’istituto delle dimissioni (quelle vere) non possono propriamente definirsi una frequente consuetudine politica.

Non sono a conoscenza di fatti specifici che hanno potuto generare la decisione di dimettersi se non, come emerge dal documento, della “denuncia” scagliata verso la “politica dei politicanti”. Posso dire qual è la mia idea della politica, tante volte espressa nei miei interventi. Ma non voglio ripetermi se non per ricordare la forza e la vitalità di parole come “partecipazione, confronto democratico, valori, passione, idee, bene comune” e il persistere dello stato agonizzante della politica a Bagnara, con spazi democratici e strumenti partecipativi non pienamente utilizzati, un voto d’opinione ininfluente a cui bisogna purtroppo aggiungere il clima talvolta apatico e pigro che regna nel paese rispetto ai problemi della comunità.

Nel documento di Silvana emergono alcuni aspetti che, se così interpretati, sono condivisibili: la politica non è un fine, bensì uno strumento al servizio degli interessi generali della collettività; l’attività politica non è una prerogativa di chi siede in Consiglio Comunale, ma è un diritto che i cittadini possono esercitare attraverso gli strumenti di partecipazione democratica; l’impegno civile è importante per sensibilizzare la gente, risvegliare le coscienze, costruire l’opinione pubblica.

La riflessione però non può fermarsi qui. Alcuni aspetti andrebbero chiariti e approfonditi: 1. lo stato di salute della politica a Bagnara è davvero così grave da scoraggiare un consigliere comunale fino al punto di chiudere la sua esperienza amministrativa con un atto così netto e clamoroso? 2. Le dimissioni, in questo caso, possono ritenersi una capitolazione alla “politica dei politicanti” a cui Silvana ha fatto riferimento o rappresentano invece un punto di partenza? 3. La genericità, forse involontaria, dell’accusa contenuta nelle ultime righe del suo documento (“la politica riesce a sporcare ogni cosa“) non potrebbe scoraggiare ulteriormente chi volesse avvicinarsi alla politica con buoni propositi?

Occorre allora distinguere la cattiva politica dalla buona politica: la loro differenza, in questo caso, non è determinata dal colore. La prima coincide con la politica intesa come “occupazione del potere”, la seconda appartiene a quei militanti, dirigenti, amministratori il cui obiettivo è perseguire democraticamente il bene comune con la forza delle idee, insieme a coloro con cui si condividono valori e un progetto politico e programmatico.

venerdì 5 febbraio 2010

Chi tace acconsente...o dissente?

Da Silvana Ruggiero ricevo e pubblico

Chi tace acconsente...o dissente? Il problema non è la risposta ma la domanda.

Devo ringraziare l'amico Giuseppe Barilà per il suo tentativo di provocare commenti ed opinioni sulle mie dimissioni soprattutto dalla politica e da chi ha preso parte con me alla vita politico-amministrativa di Bagnara. Il risultato (nullo) dell'appello non è stato per me una sorpresa ed ha avvalorato e confermato la mia idea che questa politica non mi appartiene!

Il silenzio spesso è più significativo di qualunque espressione verbale o scritta, per questo non voglio assolutamente commentare (perchè mi pare superfluo farlo) il comportamento di talune persone o dell'opposizione stessa che neanche per motivi strumentali (come dice Giuseppe) ha proferito parole in merito; quella politica che non mi appartiene gode anche della loro complicità.

Le persone per me più significative, di cui tengo in debito conto le opinioni ed i giudizi, si sono fatte sentire ed anche numerose, il resto è terra bruciata.

Concedetemi però di esternare un pensiero su questo bislacco paese, dove riescono a coesistere mille contraddizioni, paradigmi d'opinione e paradossi mentali al limite della megalomania. Giuseppe Barilà ha centrato bene il perchè le mie dimissioni avrebbero forse meritato qualche serio commento in più, ed è quello delle motivazioni. Intanto non si trattava delle ennesime dimissioni di questa legislatura fatte per "motivi personali", o sostenute da motivazioni così astratte, astruse ed allo stesso tempo ipocrite. Uno dei motivi del successo popolare di questo tipo di dimissioni, potrebbe essere che dietro a dei "motivi personali" si può racchiudere qualunque motivazione, ed ecco quindi che puntualmente parte il toto motivo, molto "stimolante" e che lascia spazio ai tanti opinionisti di strada ad azzardare ipotesi più o meno inquietanti e poco importa se per rincorrere il motivo si perde di vista il senso socio-politico del gesto. Le mie dimissioni invece non hanno avuto questo effetto, nè era mia intenzione cercarlo, per questo ho motivato il tutto per iscritto, perchè quando una persona è "libera" non deve suscitare con i suoi comportamenti od azioni insidie o stratagemmi, ma solo ed esclusivamente la libertà della verità.

Non vorrei comunque che le mie dimissioni infondessero sfiducia (come qualcuno mi ha detto) nella politica, a quelle persone oneste, libere e pulite, perché la vera politica, quella fatta di sgabelli e non di poltrone, di ascolto per le strade e non necessariamente negli uffici, quella al servizio della gente e non della propria sfera di interessi, è indispensabile per una buona, efficace ed efficiente amministrazione della comunità fondata sui diritti, sui doveri, sull'uguaglianza, sulla democrazia e sulla libertà. Il mio abbandono è un segnale di malessere, la politica la fanno gli uomini e se le cose non vanno bene non possiamo prendercela con le condizioni atmosferiche, anche perchè non potremmo soffiare alle nuvole per farle allontanare, ma fortunatamente possiamo sempre decidere il nostro destino di amministrati attraverso il diritto di voto.

Infine - per rimanere nel tema delle mie lotte ed a proposito di buona politica e di buona amministrazione - è da più di un mese che è stata interrotta l'assistenza domiciliare e quella scolastica agli alunni disabili, quali siano le ragioni e quali siano i tempi di ripristino poco importa, la sospensione di servizi così essenziali non trova nessun alibi o avallo, se non nelle proprie coscienze.

Dico la mia

Da Gianni Golotta ricevo e pubblico

Un mio contributo sulle dimissioni di S. Ruggiero.
In primis, dico che non mi pare che ci sia stata scarsa attenzione. Certo non c’è stata una reazione di massa, ma attendersela sarebbe stato, diciamo la verità, francamente eccessivo perché da un lato non siamo abituati a vederne anche per cose un po’ più drammatiche e dall’altro l’evento, siamo sinceri, non era di quelli che potevano suscitarle.
Quanto al merito, confesso di non avere letto per intero il documento perché sin dalle prime battute se ne potevano intuire contenuto e significato e, pertanto, doverosamente evito di entrare nello specifico delle tematiche da esso sollevate che, per altro, mi è parso avessero il loro baricentro sulla figura e le opere della dottoressa Ruggiero note quanto quelle, da essa deprecate, del resto del mondo politico locale.
Una riflessione comunque mi sento di farla ed attiene essenzialmente a due aspetti:
a) da un lato la vicenda ha riproposto l’ ormai quasi del tutto inesistente funzione che leggi e regolamenti vigenti assegnano al consigliere comunale di minoranza; funzioni che oscillano tra l’esercizio del cosiddetto “diritto di tribuna” e la mera “tappezzeria istituzionale”;
b) dall’altro essa ha sottolineato la crisi di idee e di iniziative dei partiti di opposizione che, invece di trovare alimento proprio della riduzione degli spazi di manovra istituzionali, su di questa sembrano invece adagiarsi rassegnati o di essa paiono volersi far scudo.
Teniamo conto poi del radicato e risalente distacco dei nostri cittadini rispetto all’amministrazione della cosa pubblica, salve fatte le individuali recriminazioni per torti soggettivamente subiti, da una parte, e l’approccio sarcastico e cazzeggiante dall’altro per le questioni che riguardano la collettività.
Del resto e infine, cosa attendersi di anche lievemente differente da un infastidita indifferenza, da una comunità che di fronte all’omicidio barbaro di un ventenne rumeno altro non ha saputo fare che tacere imbarazzata?

mercoledì 3 febbraio 2010

Non disturbare

E' caduto nel vuoto l'invito a spendere qualche parola - non di circostanza, però - sulle recenti dimissioni di Silvana Ruggiero.

Questa tribuna ha valore nullo, vero, però stavolta non abbiamo letto un rigo su nessun organo d'informazione.

Quell'atto, formalizzato con un documento d'accusa alla politica (ora proiettata tutta verso le prossime elezioni), altrove avrebbe generato una discussione, almeno da parte dell'opposizione (suvvia, almeno di tipo strumentale).

Le spiegazioni le lascio a chi legge, ognuno si dia le sue. Resta la consapevolezza che qui è dura tirar fuori una qualche opinione.

lunedì 1 febbraio 2010

Diario di viaggio nella buro-sanità

Da Pino Gioffrè ricevo e pubblico
Caro Giuseppe, non so se ti scrivo per il tuo blog o perché sei medico, ma ti voglio evidenziare la mia recente esperienza all’ospedale di Scilla.
Qualche giorno fa, su insistenza del mio medico, ho deciso di farmi fare le analisi del sangue. Informatomi sulle procedure, sono totalmente ignorante al riguardo, con l’impegnativa in mano, sabato scorso mi sono recato presso l’ospedale di Scilla. Considerato che il prelievo deve essere eseguito con il paziente a digiuno, ho cercato di non attardarmi e sono arrivato all’ospedale alle 07,40. Diligentemente ho preso il numerino elimina-code (chissà perché viene chiamato così, al max disciplina l’ordine di arrivo!) rilevavo di essere il n° 40 ed il segnale luminoso indicava che eravamo arrivati al n° 22. Per inciso, nonostante i numerini, sono stato testimone di una vivace discussione sul diritto di precedenza fra utenti in attesa. Allo sportello dei ticket lavorava un solo addetto (una donna) e, nonostante sia sempre stata attiva, sono riuscito a pagare il ticket solo alle ore 10,00.
Oltre due ore di “fila” per pagare il ticket sanitario! Finalmente mi sono recato allo sportello dei prelievi, nel quale erano presenti ben quattro addetti (non ho ben capito se medici o paramedici) con aria annoiata di chi non ha niente da fare. La prima domanda è stata: avete fatto il ticket ??
Subito dopo sono stato fatto accomodare in una saletta adiacente e l’addetto (bravissimo!) in pochi secondi ha effettuato il prelievo dicendomi che Lunedì potevo ritirare le analisi.
Ti ho raccontato l’accaduto poiché mi è sembrato assurda la procedura ed il tempo totale impiegato, considerando che personalmente ho patito la voglia di una colazione o un caffè, e pensando che al mio posto poteva esserci un bambino o un anziano.
Ti pregerei, se puoi , di evidenziare la problematica esposta a chiunque possa fare qualcosa al riguardo.
Mi rendo perfettamente conto che stiamo discutendo di una piccola cosa, ma teniamo presente che la vita (e la qualità della vita) è costituita da tantissime piccole cose.
A presto, Pino Gioffrè